ARTE E FEDE
La "MADRE DI DIO NELL'ARTE
La festa del
primo gennaio - associata nel 1968 da Paolo VI alla "Giornata mondiale della
pace" - celebra la "Madre di Dio", traduzione occidentale del termine greco Theotókos ("Colei che ha partorito Dio"). Questa
definizione formulata nel 431 dal Concilio di Efeso, emerse in riferimento non tanto a Maria, quanto all'unità personale di Cristo in
cui la natura umana e quella divina, sono unite nell'unica Persona del Verbo
incarnato.
E' una festa
che, in verità, scivola sempre piuttosto in sordina, tra le festività natalizie
e la frenesia, "crisi" o non "crisi", della lunga nottata di Capodanno.
Si tratta di una solennità molto
antica. "Quando venne la pienezza dei
tempi Dio mandò suo Figlio nato da donna", così scriveva S.Paolo verso il 54 d.C (Gal.4,4) presentando,
con immediatezza, la definizione della figliolanza divina e umana di Gesù.
La proclamazione della Maternità
divina di Maria, fu accolta a Efeso con un
tripudio collettivo di gioia: una grandissima festa e una solenne fiaccolata -
forse la prima nella storia della fede mariana - che illuminò la notte della
città. La festa della Madre di Dio fu
celebrata sin dall'inizio in collegamento con le festività natalizie a Roma,
già nel sec VII, sostituiva le feste, spesso licenziose, del capodanno dedicate al dio Giano Bifronte, fu
riaffermata nel XIII secolo al 1° gennaio.
Maria, una donna che "ha il privilegio
- ha detto il Papa - di poter ripetere con piena verità umana la parola
pronunciata da Dio Padre su Gesù: 'Tu sei
mio Figlio' (Lc 3,22) ". Madre del
Figlio di Dio, Maria è strettamente legata agli eventi della Redenzione, e la
sua divina maternità è diventata uno dei temi più interpretati dagli
artisti di tutti i tempi.
Dalla prima raffigurazione della catacomba di Priscilla d'inizio
III secolo a quella efficacissima della lunetta del Cimitero maggiore del sec. IV dove Maria
nell'atteggiamento dell'orante precorritrice della bizantina "vergine del
segno" tiene il piccolo Signore ritto davanti a sé ed è fiancheggiata dai
monogrammi cristologici che, solitamente affiancati all'alfa e omega, diventano
simbolo della divinità di Gesù. E' colei che secondo la profezia di Isaia
presenta al mondo l'incarnazione del Verbo
L'arte delle icone bizantine e russe ha dato
bellissime e poetiche interpretazioni del tema; immagini diffuse nella
denominazione greca: odighitria, (colei che
indica la via) dove Maria mostra il piccolo Gesù con i segni della divinità, la vergine del segno e l'Eleousa o Madre di Dio della tenerezza, la più
nota è quella di Vladimir dell'XI secolo. In questa icona il Bambino il cui abito
tessuto d'oro, è la veste sacerdotale del Verbo, appoggia teneramente la
guancia contro quella di lei mentre col braccio le cinge il collo. Ma lo
sguardo di Maria che vaga lontano presentendo il dolore umano del Golgota
diventa l'immagine della "Misericordiosa" che intercede per l'umanità.
L'iconografia bizantina fu ripresa e aggiornata nell'età
rinascimentale dove Maria col Bimbo è raffigurata nelle sacre conversazioni e
nelle numerose pale tra santi come abbiamo avuto modo di considerare trattando
del trittico dei Ss Cosma e Damiano della
cattedrale di Saluzzo.
Nel sec XV con la diffusione della biblia
pauperum, i cicli affrescati nelle chiese e cappelle
che costituivano la catechesi visualizzata del tempo, la figura di Maria sul trono
col Bambino appariva sempre centrale, tra le storie dei santi, sono
innumerevoli nelle nostre chiese antiche. Consideriamo quella della cappella di S.Stefano a Busca un ciclo pittorico attribuito ai Biazaci di
Busca della fine de sec XV. L'abside della cappella
accoglie in quattro riquadri la storia del protomartire S.Stefano, al centro del racconto appare il riquadro con Maria e il Bambino.
L'immagine, deturpata dagli interventi iconoclasti ugonotti del '500, è
riaffiorata in seguito ai restauri del 1998. Nell'immagine Maria con il tipico
manto blu scuro, simbolo del divino che, secondo la parola dell'Angelo, "stenderà
su di te la sua ombra" (Lc. 1,35) e l'abito rosso simbolo dell'umanità, è
assisa su un trono prezioso goticheggiante. E' nell'atteggiamento contemplativo
estatico delle Theotókos della prima ora; le mani giunte in preghiera
adora il Figlio di Dio Bambino seduto sulle sue ginocchia e raffigurato con i
simboli della divinità: il Libro tra le mani e il nimbo crociato sul capo.
Maria," umile e alta più che
creatura" inserita nel racconto del primo
martire, è diventa simbolo della primitiva Chiesa. Seduta sul trono della regalità, la Madre converge
incessantemente la preghiera di tutta la Chiesa nel Figlio e in Lui al
Padre.
Martin Lutero,
fermo difensore della divina maternità di Maria, non soltanto negli anni
giovanili, di formazione cattolica, ma anche in quelli della sua più decisa
azione riformistica, attribuisce a Maria il titolo di amabile e tenera
Madre di Dio. Nel solo "Commento
al Magnificat" del 1521 ricorre più di venticinque volte, Nel cap.IV scrive:
"Le grandi
cose (di cui canta Maria nel Magnificat) non sono altro che
questo: che Maria è divenuta Madre di Dio".
BIBLIOGRAFIA
AA.VV. - LA
VERGINE MADRE DAL SEC.VI AL SECONDO MILLENNIO - Roma 1998
Centro di Cultura Mariana
F. MANCINELLI - Catacombe e Basiliche - Firenze 1981
R. LAURENTIN. Un anno di grazia con Maria,
Brescia, 1987
M.GIOVANNA MUZJ, , Milano 2007
M.LUTERO Commento al Magnificat, coll.Quaderni di ricerca2,
Bergamo, 1997 p.77
CORRIERE DI SALUZZO 5.12.012